AnnaGiùDalTram

martedì 8 gennaio 2019

Prisencolinensinainciusol (ovvero, cose a caso)


I primi due film che ho visto al cinema nel 2019 sono stati Mary Poppins e I Moschettieri del Re. Mary Poppins nella versione originale del ’64 era il mio film dell’infanzia; all’epoca chiesi a mia madre il permesso di potermi iscrivere a “Tele Mike” per rispondere a domande impossibili sul film, tanto lo conoscevo a memoria. Mary Poppins è “praticamente perfetta sotto ogni aspetto” e ci assomigliamo molto. Non per questo motivo, per altri. Mary Poppins è una saccente del cazzo, anche un po’ acida, sebbene abbia molti pretendenti e tutto sommato non se la passi così male. Ama tantissimo stare con bambini non suoi per un tempo circoscritto e determinato. Ha parenti con evidenti disturbi mentali, si commuove ma odia piangere in pubblico, ha un ombrello parlante a forma di pappagallo. No, io questo non ce l’ho ma lo vorrei tantissimo. Il film è carino e neanche così incomparabile col primo. Mi ha fatto tornare a quando piazzavo la seggiolina gialla in mezzo alla cucina, infilavo il pigiamone rosa di pile e mettevo la cassetta nel video registratore. Voto amarcord: 4 stelle. Poi ho visto i Moschettieri del Re. La sensazione che ne ho avuto a fine proiezione è stata: “Sarebbe stato un film geniale se avessimo potuto girarlo fino a giugno; però hanno voluto che uscissimo a Natale”. Ecco, tanto per farvi capire. Voto: 1 stella. Però Favino è meraviglioso. Impeccabile anche in un film che, più che altro, sembrava, a più riprese, un coito interrotto. Voto alla sua interpretazione: 5 stelle. Credo quasi con certezza che le battute che facevano più ridere fossero sue improvvisazioni. Azzeccatissima anche la scelta musicale con il pezzo di Celentano che dà il titolo a questo post e che vi invito immediatamente a mettere in cuffia perché mentre sto scrivendo ce l’ho e sarebbe una bella corrispondenza di amorosi sensi se lo ascoltassimo tutti. Toh, vi lascio anche il link per comodità.


Il 2018 è stato un anno pazzesco. Ho fatto delle cose fighissime. Ho anche perso il lavoro e dopo 15 anni di onorata carriera nel mondo del giornalismo, con una parentesi incidentale in quello della scuola, sto inviando cv per fare la stagione come cameriera a Formentera. Mi rimbalzano tutti perché non ho esperienza ed è un vero peccato perché ai pranzi degli Alpini ho sempre servito cavandomela egregiamente. Tant’è. Ma un po’ lo sapevo che l'anno appena trascorso sarebbe andato bene, perché il 18 è il mio numero preferito e poi vado abbastanza forte negli anni pari. Infatti temo il 2019 ma Paolo Fox mi ha rassicurato. Pare che per il mio segno zodiacale, da maggio, succedano cambiamenti elettrizzanti. Credo che esista un amore che duri tutta la vita, quindi posso anche permettermi di credere a Paolo Fox.


Ho un amico immaginario alto 1.90 per 100 kg, senza capelli. Discutiamo animatamente da tre anni, soprattutto quando mi faccio la doccia, mi lavo i denti e sono in macchina. Il problema di base è che lui non capisce una minchia. Però sogno che un giorno si materializzi, diventi carne ed ossa e mi dica: “Dai, fino a qui ho scherzato. Adesso basta”.


Diffidate di chi, pur dicendo di amarvi, lascia che andiate in giro con tutti quei punti neri in faccia.


Ho deciso che nel 2019 mi regalerò esperienze bizzarre. Infatti il primo venerdì dell'anno sono andata al Le Roi, in via Stradella a Torino. E’ stato come entrare in un’altra epoca. Intorno a me nessuno che non avesse la pensione da almeno due lustri. Ero in una balera progettata negli anni ’60 da Mollino; una sala da ballo con un’architettura decadente e affascinante. Coi camerieri in papillon dell’età degli avventori che servivano ai tavoli. I signori che venivano al divanetto, dandomi del lei, per chiedermi se volevo ballare. La pausa tra un genere musicale e l’altro, più per evitare arresti cardiaci in pista che altro, credo. Nessuno che smanettasse col cellulare, nessuno che sembrasse grottesco. Ho ballato anche io nel "dance time" e ho raccattato sorrisi di approvazione perché quanto a scioltezza e in confronto ai signori presenti, sembravo Raffaella Carrà agli albori della carriera. Entrata alle 21.30, uscita a mezzanotte quando di solito a vent’anni non avevamo neanche ancora deciso cosa fare. Bellissimo. 
Poi mi sono data anche alle esperienze culinarie forti. Astenersi vegani, schizzinosi, femminucce. Ho mangiato il buel culè. Il nome è evocativo anche per i non autoctoni; in caso contrario ricordatevi che Google risponde a qualsiasi quesito. Buonissimo, sale, olio e pepe. E bon. Per essere solo il 5 gennaio potrei davvero avere un 2019 intenso....ma allora Paolo Fox ha ragione!

martedì 11 settembre 2018

Il Grande Bluff.


Io non vorrei segare gli entusiasmi delle Rosselle O’Hara che ancora ci credono. Però no, non è (quasi) mai vero niente. Solo che sento il dovere morale di dirvelo. Poi con la bruciante realtà dei fatti ognuno ci farà un po' quel che vuole.
Sto parlando dei complimenti, delle avance, delle smancerie, dei convenevoli, delle lodi e dei salamelecchi che i maschi dicono in preda a fortissimi pruriti al basso al ventre, zona strettamente collegata con il sistema nervoso centrale. E’ la prurigine che detta queste meravigliose parole.
E voi, mie belle papavere, non vorrete mica dirmi che tutte le lotte femministe fatte nel corso della storia siano state vane. Per non parlare delle quote rosa, delle battaglie per l’indipendenza e tutto il gran parlare che si fa sul fatto che gli esseri umani a doppio cromosoma X siano geneticamente più furbi degli XY, ecco, dopo tutto questo, non accetto che vi facciate perculare dalle parole melensi di un maschio col pizzicore. Dai su, dignità ragazze. Potrete sempre accennare un sorriso timido, per far credere al di lui che abbiate preso per oro colato qualsiasi cosa vi abbia detto e che siate pronte per farvi turlupinare ma tranquille, noi sapremo che si tratta solo di compiacimento, di generosa cortesia, quasi di compassione materna.
Vi faccio qualche esempio perché mi rendo conto che senza concretezza potreste pensare di non essere coinvolte in queste vicende. Invece mie belle Anitegaribaldi è capitato e capiterà pure a voi. Sentite queste.


“A me piacciono le ragazze col seno piccolo”, detto a voi che manco con il push-up ripieno di poliuretano espanso riuscite ad arrivare alla terza. Falso. Infatti ora sta con Barbie Chirurgo Plastico.

Se vi dice con sguardo sornione “Mi son sempre piaciute le ragazze coi capelli corti” schermitevi pensando alla moglie del di lui che c’ha due metri di criniera bionda.

Se vi fa i complimenti per le gambette da Muppets che vi ritrovate non stupitevi poi se dopo un po' vedrete che si è fidanzato con una che al posto delle gambe ha due corsie dell'A4 Torino-Milano.  

Se dice che pensare ai vostri occhi non lo fa dormire la notte perché due retine così non le ha mai viste, sappiate che il ragazzo già si trova in fallo perché se nel mondo siamo 7,6 miliardi di persone, di cui circa la metà, dunque 3,8 miliardi sono femmine, se tanto mi dà tanto, di occhi di un colore difficile come il vostro ce ne saranno sicuramente alcune migliaia. Infatti lui nel giro di poco e nel raggio di non troppi chilometri dal vostro naso s’è invaghito di un'altra che su per giù c’ha l’iride gemella della vostra.  

Se vi dice che gli piace toccare un pò di carne sotto i polpastrelli aggiungendo "devo sentire qualcosa, quelle secche non sanno di niente", non credetegli soprattutto se adesso esce con Miss Biafra. 

Se rideva per le facce improponibili che gli facevate era forse solo per compiacervi siccome adesso sta con una che ha la mimica facciale della Gioconda. Bella, per carità, bellissima, però il dinamismo espressivo è un'altra roba. 

Se vi confessava di aver sempre avuto un debole per le fighette radical chic eppure ora frequenta una punkabbestia con dubbio senso estetico e problemi di relazione con l'ordine e la pulizia, beh, nel dubbio, controllate di aver avuto l'antitetanica attiva nel periodo in cui vi siete frequentati.

Se vi diceva che come voi nessuna mai, sappiate che era solo il titolo di un film di Muccino del 99.

Ora, ognuna aggiunga mentalmente la sua personalissima esperienza, poi diamoci un "cinque" virtuale pensando che di fatto siamo state prezioso viatico per aiutare il MisterLobaLoba della situazione a capire qual era veramente il vero amore e fare così la scelta giusta. Eh. Ah, ah. Sì, perchè è vero verissimo amore. Eh già. Ma sicuro. L'amore trionfa sempre. Euh, se trionfa, l'amore. 

Ecco, penso di essere stata sufficientemente esaustiva. Ricordate che siete meravigliose a prescindere dagli entusiasmi facili e infingardi di chi con voi ha giocato al Grande Bluff.

martedì 12 giugno 2018

Chi fa la spia non è figlio di Maria.


Ammetto di avere dei reali problemi con lo spionaggio informatico. Lo so, non si fa, non si deve e se lo si fa perchè si deve, perché si tratta di questioni di vita o di morte (tipo sapere come si vestiva nel 2012 la tipa che fino all’altro ieri usciva con quello là che vi piaceva alle medie e che adesso è diventato inchiavabile) almeno non andrebbe detto. Io invece mi dichiaro, tanto prima o poi lo so che nella foga della ricerca certosina mi partirà un like al ragazzo che piace alla mia amica con cui non è più amica su Instagram mentre invece io sì e lo posso spiare perché ho ricevuto un’investitura per questo compito che manco i Cavalieri della Tavola Rotonda. Credo capiate, anche a causa di questa complessità sintattica, quanto sia faticosa l’attività di stalkeraggio. A volte termino alcune sessioni di spionaggio con le occhiaie, i bulbi oculari iniettati di sangue e la bava alla bocca. Lo ammetto, non ci sono lati positivi in tutto ciò. Al massimo vieni a scoprire cose che avresti preferito non sapere. Ho più o meno sempre idea di dove abbiano passato Natale, Capodanno, Ferragosto e San Valentino, le persone che ho schedato e che monitoro con una certa costanza. Anche se credete di essere super riservati, anche se andate con la vostra paperina a fare climbing estremo in Papua Nuova Guinea, dove ci siete soltanto voi due e quattro Huli Wigman della regione degli altopiani del Sud, beh, sappiate che prima o poi qualcuno violerà la vostra privacy e pubblicherà foto di voi che manco sapevate. E a quel punto io, che monitoro, saprò.
A volte mi ritrovo in locali, per strada, in coda al cinema o al supermercato con gente che, ovviamente, ignora totalmente chi io sia ma di cui conosco gusti culinari, mete vacanziere preferite, squadra del cuore, ex fidanzati in ordine alfabetico, miglior compagno di banco delle elementari. Perché l’attività di stalking (che per brevità chiameremo ADS) ti fa entrare nei meandri delle persone che concedono, volenti o nolenti, spazi della loro vita quotidiana alla mercè del web. E’ terribile, lo so. Ma infatti tendenzialmente fare sta roba mi fa schifo. Però son portata. Eh, c’è niente da fare. Per esempio, prima, in pausa pranzo siamo andate a prendere un caffè con altre due colleghe. A un certo punto passa uno che la mia amica aveva visto di sfuggita un mese fa. E’ bastato uno sguardo d’intesa e ci siamo fiondate all’inseguimento del di lui come tre ninja, seguendolo con lo sguardo da dietro gli occhiali da sole per capire in quali anfratti dei Docks Dora andasse a cacciarsi. E niente, stiamo monitorando la planimetria depositata al catasto per vedere l’esatta posizione in cui potrebbe lavorare. Tra un secondo, già lo so, lo beccheremo su Facebook e il gioco sarà fatto. Ecco, quale gioco? Tendenzialmente lo stalking, passatemi il paragone, è come l’onanismo. Non è che poi ci fai robe, è eccitante di per sé. L’altro giorno ho scoperto quand’è il compleanno di una tizia che puntavo da un po'. Io che non credo ai segni zodiacali ho però appurato che una che mi stesse così sulle palle non potesse essere altro che di quel segno lì, che tanto non vi dirò mai perché come Pollyanna sono buona e gentile con tutti. Euh. Comunque. Comunque quando lo faccio mi sento un po' con l’immondizia al posto del cuore, tanto per citare un noto poeta contemporaneo. Ma anche io a volte lascio in pasto ai curiosi qualche traccia di me. Son generosa, è risaputo. Perché al contrario di quelli che so che si fanno i fatti miei pubblico e lascio che guardiate senza troppe restrizioni. Tanto la mia evoluta ADS fa sì che io sappia perfettamente chi di voi guarda come un voyeur dietro le tendine della finestra della cucina, la dirimpettaia, i miei profili. Cicisbei, bubusettete!

martedì 3 aprile 2018

Le vent nous portera.


Consigli per l'uso: ascoltarlo senza necessariamente guardare le immagini, utili solo per creare il video. Non darsi delle risposte e nemmeno pretendere di leggerle tra le righe perchè non ci sono. Fate come me. Ascoltate la storia e poi, se ne avrete voglia, se ce ne sarà il tempo, se vi garberà, fatevi qualche domanda. E' l'unica cosa che in questi casi si possa fare. 









mercoledì 31 gennaio 2018

Invece, il 2018.

Io i buoni propositi per l’anno nuovo comincio a pensarli verso la fine dell’anno precedente, li dimentico fino ad aprile, mi sovvengono intorno al giorno del mio compleanno, mi attanagliano la coscienza al ritorno dalle vacanze, comincio ad applicarli sporadicamente i giorni dispari di ottobre, poi verso dicembre ne penso di nuovi e via ricominciando. Quest’anno però mi sento in pole position verso il traguardo della pace dei sensi e della coerenza. Dunque siamo a febbraio e voglio cominciare e metterli addirittura nero su bianco per non scordarmeli più. Abbasso l’asticella delle aspettative su me stessa ed escludo dall’elenco:

1) fare sport, perché ho uno spiccato talento nel farmi condurre in modo lascivo dalla mia pigrizia; inoltre sono particolarmente allenata alla fatica emotiva, quella fisica però no, lasciatemi in pace.

2) comprare verdura di stagione, perché anche se mi sono stampata una tabella excel che mese per mese mi dice di quali prodotti beneficiano gli orti nostrani, finisco sempre col prendere dei pomodorini pachino della Spagna a dicembre, delle zucchine dello Sri Lanka a febbraio e dei meloni di Capo Verde per il cenone di Capodanno;

3) mettere i tacchi, perché mi sembra superfluo scomodare Santi e Beati ogni qualvolta incontro un pezzo di porfido;

4) bere tanta acqua d’inverno, perché per la prima ragione dell’elenco di cui sopra, mi scazzo a dover andare in bagno troppe volte: tira su, tira giù, la tazza di una temperatura che sfiora quella del Circolo Polare Artico quando ancora non c’era il surriscaldamento globale, il rotolo che quelli prima non cambiano mai quando finisce. Una fatica titanica insomma.

Così mi sono tarata sulle mie reali esigenze di sopravvivenza e capacità.

Punto 1: Vorrei provare ad evitare di iniziare qualsiasi tipo di proposizione con la parola “minchia”. Sarebbe un bel passo verso una mia riabilitazione nell’universo delle ragazze fini e beneducate, club esclusivo che mi ha estromessa da una quindicina d’anni.

Punto 2: vorrei prendere le distanze in modo pacifico dagli arroganti, egoisti, sotuttoio, facciotuttoio,  sonooberato, sentiamocitraseimesiperchèdevosalvarelaterradallimminentecadutadiunmeteoriteepropriononriescoavenireabereunabirranomancouncaffèmacomefaianoncapireche24orenonmibasterannomaiscusaciaoholestetistasullaltralineatichiamoio, quelli che se non ci fossero loro, che tutti gli altri sono una manica di mentecatti, gli ipocondriaci, quelli che se ti capita qualcosa -qualsiasi cosa- a loro è anche successa ma in modo molto più grave, impattante, catastrofico. Ecco, spero di essere stata esaustiva nell’inquadrare i soggetti. Cari milord dei miei stivali, sono giunta ad una incrollabile conclusione, tollero tutto ad un’unica condizione: che voi salviate vite o siate sotto il fuoco incrociato delle bombe. Se no, no. E io, francamente, di amici, parenti e conoscenti o ibridi che salvino esseri umani quotidianamente in territori di guerra o nei pronto soccorso, non ne conosco. Ergo, se sono sparita, ammesso che abbiate avuto il tempo per potervene rendere conto, vi ho appena spiegato il perché.



Punto 3: con i collerici, fegatosi, iracondi, irascibili, irosi, irritabili e irritanti, rabbiosi, stizzosi, in parole semplici con quelli che sono sempre incazzati e che hanno una propensione a lamentarsi di tutto e di tutti, che cercano la rissa, che fanno congetture apocalittiche anche quando vigono tempi di calma piatta, ecco, con voi invece, mi arrendo ufficialmente. Sono sincera: mi buttate una coltre di negatività addosso che lèvati. Ma non vi lascerò sguazzare nella vostra bile, rimarrò tenacemente al mio posto, permettendo che il vostro ego si sfoghi, sperando che la fatina della leggerezza un giorno non troppo lontano vi colga e vi faccia ammirare la bellezza dello “stare sereni”. Nel frattempo adotterò una tattica infallibile che ho preso in prestito da uno dei miei miti di gioventù che insieme a Walter Veltroni, Avril Lavigne e Papa Giovanni Paolo II mi hanno forgiata in vari settori della vita: il dottor Cox di Scrubs. Anche io, quando mi imbatterò in uno della vostra specie, mi rifugerò nel mio posto felice.



venerdì 22 dicembre 2017

Oliviero, no.

Fate questo esperimento con me. Immaginate che da qualche parte, nel vostro cognome, venga aggiunta una I non prevista. Mettetela in un punto a caso. Ci siete? Bene. Ed ora pensate che nei contesti più svariati le persone vi chiamino così e non col vostro cognome duro e puro. Alla lunga, ve lo assicuro, il senso di scazzo/incazzo che vi pervaderà salirà a livelli megagalattici. 
Immaginate anche questa scena: qualcuno che di soppiatto arrivi alle spalle del pagliaccio It, sì, quello di Stephen King, gli tiri una scuzzetta sul collo e poi ridendo gli sventoli il dito sotto il naso per fargli indovinare chi possa essere stato. Ecco. Io, ogni volta che mi chiamano Oliviero, sono la reazione di It ad uno scherzo di dubbio gusto come questo. 
Ultimamente è una vera croce. Tutte le volte che qualcuno deve pronunciare il mio cognome è matematico che vada a finire a schifìo. Nell’elenco degli iscritti all’esame da giornalista professionista ero Anna Oliviero. Non un bel presagio. Infatti mi hanno segato, dicendo che ho “gravi lacune sintattiche e grammaticali”. Io avrei da ridire sui vostri copia-incolla invece. Esce il mio primo pezzo sul Corriere di Torino. Firma: Anna Oliviero. Per un attimo ho avuto un problema di identità e ho creduto di essermi firmata male io. Invece no, ovviamente. Sei in fila dal medico? La segretaria per darti la ricetta urla a squarciagola “E’ arrivato l’arrotino Oliviero!”. Vai a farti un weekend fuori porta? Il giulivo proprietario del b&b ti accoglie con un “Olivieeero benvenuta!”. Vai allo stadio a vedere una partita non in abbonamento e il cicisbeo della biglietteria, pure se gli fai lo spelling, aggiunge una I di default. Chiedi l'accredito stampa per un evento mandando numero di tesserino, riferimenti anagrafici, postali, numeri di telefono e scarpe e niente, il cognome te lo frullano piazzandoci una vocale che ti cambia il codice fiscale. Lo fa anche il megacapo della tua azienda che alla cena di Natale chiama uno ad uno per fare gli auguri. Ti dice pubblicamente che sei giovane e carina, due doti per altro imprescindibili per la mia professione, coltivate con cura e maestria nei miei anni di corsi di formazione, università, redazioni. Va beh. Poi aggiunge, con calorosa stretta di mano: “Continui così, Anna Oliviero”. Ti limiti a rispondere che ti basterebbe che ti chiamassero col tuo nome e che almeno il collega che ha fatto le slide dell’organigramma della tv, frequentandoti su per giù 8 ore al giorno da tre anni e mezzo, levasse quella stramaledetta I anche dal power point con cui si presenta l’azienda all’universo mondo. 
Benedetti signori, parliamone. Perché mi aggiungete una vocale non richiesta? Ho fatto una ricerca. In Italia ci sono circa 1220 famiglie col cognome Olivero e 1233 con Oliviero. Dunque il mio non è che sia meno diffuso e vi giustifichi il refuso con l’altro. Ma soprattutto il cognome Olivero esiste praticamente solo in Piemonte da dove provengo. Dovreste rendervene conto da tanti elementi, primo fra tutti il mio accento da bela bergera che mi parte inequivocabilmente se non metto l’impostazione “dizione”. Oliviero è diffusissimo in Campania ed è primo nel comune di Gambugliano, in provincia di Vicenza. Ora, non chiedo che facciate una mappatura dei cognomi italiani prima di pronunciarne uno, chiedo solo che leggiate, copiate/incolliate, pronunciate senza troppa approssimazione il mio nome. Non è difficile, anzi, vi risparmio anche il fiato di una vocale che non c’è, non mi piace, non voglio.

Vi chiedo aiuto ragazzi. Che qualcuno mi suggerisca cosa rispondere quando mi chiamano nel modo sbagliato, perché io, per davvero, son disarmata ma vorrei dare una bella lezione a questi bulletti da pressapochismo.  Babbo Niatale e dolce Biefana, aiutatemi voi!






giovedì 21 dicembre 2017

Il 2017.

Il 2017 mi ha insegnato che:
Non importa che tu creda di scrivere discretamente bene. Ci sarà sempre qualcuno che ti dirà che hai “gravi lacune sintattiche e grammaticali”.
Non importano la laurea, i corsi, l’esperienza, la gavetta, la strada. La meritocrazia non esiste.
Non importa che sia meglio. Basta che sia giovane.
Non importa che abbia aspettato con pazienza. Basta che l'altro cognome conti di più.
Non importa che tu riesca a mettere da parte due soldi. Se paghi le tasse non li avrai per molto sul tuo conto. Certo, se non le paghi, no.
Non importano le lacrime. Ci sarà sempre una birra che ti farà ridere a crepapelle.  
Non importa che tu abbia ragione se chi dovrebbe dartela è troppo preso da se stesso.
Non importa se ti tieni col cibo durante la settimana per arrivare al sabato a pesare 50 chili. Tanto nel weekend ti sfonderai al punto da prenderne 3.
Non importano i tuoi progetti di strafare. Ci sarà sempre qualcun altro che senza bisogno di far nulla avrà l’attenzione che tu non saresti in grado di attirare neanche allestendo un circo.
Non importa che tu voglia andare al mare se chi guida preferisce la montagna.
Non importa che tu stia invecchiando, ci sarà sempre chi ti tratterà come un adolescente.
Non importa che tu non abbia voglia di invecchiare, ci sarà sempre qualcuno che ti metterà di fronte alle tue responsabilità.
Non importa che tu ti faccia pagare troppo poco. Tanto ti risponderebbero “quella, se non ti sta bene, è la porta”.
Non importa che tu non sopporti i gruppi di whatsapp, ci sarà sempre un regalo, una cena, una festa, un funerale da organizzare al quale sei invitato.
Non importa che tu ti senta figa. Sarà esattamente l’unico giorno in cui non troverai nessuno per strada.
...